Brunori Srl: una società a responsabilità limitata

Ieri 23 Aprile ha avuto inizio, al teatro dei Rinnovati di Siena, il ciclo di spettacoli “Rinnòvati Rinnovati”, che regalerà alla città, agli studenti e ai giovani una serie di rappresentazioni teatrali e musicali di numerosi personaggi dello spettacolo e della musica.

Per un inizio davvero scoppiettante, ad aprire le danze è stato Dario Brunori con la Brunori sas che per l’occasione si è trasformata nella Brunori Srl. Quella senese è stata la tappa conclusiva di questo tour teatrale, che ha riscosso gran successo in tutta Italia.

Non è un concerto, quello ai Rinnovati, ma un vero e proprio spettacolo: la musica è solo una parte, le canzoni fungono da intervallo tra i vari monologhi scritti e interpretati da Brunori. Sono monologhi ironici ed autoironici che vanno a toccare svariati temi come la società, le mode e le manie.

È giusto parare di autoironia perché, oltre che parlare degli altri, l’artista ci parla soprattutto della sua vita portandoci in una dimensione più intima. Ci regala racconti d’infanzia, dell’adolescenza fino ad arrivare all’età adulta. Ci spiega il suo punto di vista: quello di un ex ragazzotto cresciuto nella provincia di Cosenza (Joggi) tra genitori che gli vietavano i cartoni animati (perché troppo violenti) e simpatiche nonnine che squartavano maiali.
È come se si fosse fermato per un attimo e ci avesse voluto, in maniera molto velata, spiegare i vari contesti da cui sono nate le sue canzoni. È uno spettacolo che gioca sul contrasto tra il cinismo dei monologhi e la poeticità delle canzoni.

Ironizza, ironizza tanto ma a modo suo ci lancia dei messaggi. Ci parla del senso di colpa, della tragicità della morte, di come bisogna rimboccarsi le mani per costruire il proprio futuro.

Ogni volta che imbraccia la chitarra o si siede al pianoforte e inizia a suonare, è difficile riuscire ad indovinare quale canzone stia per eseguire perché, a questa novità del tour teatrale, ha caratterizzato le sue canzoni con un nuovo sound, dei nuovi arrangiamenti, affiancando percussioni elettriche a quelle classiche e variando molto anche la sezione dei fiati e degli archi. Brunori dimostra inoltre di essere completamente a suo agio con il “fender rodhes”.

È una dimensione diversa da quella che siamo abituati ad ascoltare ai suoi concerti in piazza ma, per certi versi, anche più penetrante. In un contesto teatrale il sound scelto è armonioso e appropriato: ti entra dentro e riesce a farti ascoltare ogni singola parola e a percepire le diverse sfumature che lo compongono.

«Di chi è la colpa del degrado culturale che stiamo vivendo? Voi fate sempre il mio nome, dite che è sempre colpa mia», dice Brunori prima di chiudere il concerto con mambo reazionario, nell’unico momento in cui, abbandonata la compostezza tipica da “pubblico di teatro”, i presenti si lasciano andare battendo le mani e alzandosi in piedi.

Angela Lucia

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