2° POST IT- Who Are You?

@Amedeo

Lo dicevo, l’ho detto ma non so se lo dirò ancora.
La mia anima gemella sarebbe dovuta essere la reincarnazione del mio estro musicale, mi sarebbe piaciuto condividere frammenti della mia anima con sottofondi musicali di quegli artisti indie e underground che nessuno conosce.

***

Era una domenica sera e mi stavo preparando velocemente perché, anche se mancava più di un’ora, sapevo già di essere in ritardo.
Un trucco leggero, capelli sciolti e il solito jeans a vita alta.
Mi avevano invitata ad un aperitivo in centro, in uno di quei locali che cercano di imitare lo stile Newyorkese. Mi trovavo davanti ad uno spazio aperto, non c’erano né muri né porte, era tutto bianco, candido, immacolato; andava a contrastarsi con il mio stato d’animo.
Non sono una persona cupa, introversa e tantomeno scontrosa ma l’aver rivisto poche ore prima il mio “piccolo grande amore” mi rendeva abbastanza suscettibile. Può un grande amore essere piccolo? Certo, se si tratta di un sentimento unilaterale diventa piccolo quasi quanto il tuo cuore, ma questa è un’altra storia che forse un giorno racconterò.
Mi trovavo lì, tra tanta gente ben vestita e ben disposta a socializzare, sarei voluta andar via, magari in un posto che mi sarebbe appartenuto di più, in un posto che mi avrebbe fatto sentire bene con me stessa anche indossando le converse di una vita e la solita maglietta dei “SEX PISTOLS”.
Incontro il gruppo, conosco tutti anche se mi ricordo di pochi (ho una pessima memoria e il mio esilio in Irlanda non ha aiutato).
Tra questi c’era Amedeo, non puoi non notarlo, è di una bellezza mozzafiato.
Non cerco di entrarci in confidenza, tantomeno lui ma poi ecco che… “Sono le quattro del mattino..”; primo sguardo.
La serata continua, nulla di sorprendente succede, tranne qualche aneddoto raccontato tra un sorso e l’altro. E poi ancora… “Scivola, scivola vai via..”; secondo sguardo.
Inizio ad infastidirmi, scappo in bagno, magari ho qualcosa fra i denti e non me ne sono accorta, mi dico. Ma no, non era quello, ero “ok” tranne che per i miei occhi. Erano diversi dal solito, erano più grandi e meno “definiti”, non c’era la divisione netta tra il cerchio della pupilla e il resto, non erano color nocciola, erano tendenti al verde scuro e sembrava esserci una patina trasparente e traslucida sopra. Mi ero commossa? Ancora non so rispondere.
Torno in sala e Amedeo mi viene incontro: indossava una camicia azzurrina gessata, jeans scuri e Superga bianche.
Alto, biondo, riccio, occhi neri e quell’accenno di barba che andava ad incorniciare il suo viso dalla carnagione olivastra e dal fascino latino… “ti va di bere qualcosa?”, chiede. “Si”, rispondo.

 

***

La profezia si era avverata, stavo condividendo frammenti di vita, pezzi della mia anima con in sottofondo la discografia completa dei Nobraino ma, era davvero quello che volevo? No. Sarei voluta scappare, scappare dal sogno divenuto realtà, dalla storia d’amore identica alla mia fantasia e correre, correre da quel “piccolo grande amore” per dirgli che se avesse seguito il suo cuore, se avesse smesso di avere paura, sarebbe diventata la cosa più grande e bella di sempre, per sempre.

Angela Lucia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *